CLAUDIA KOLL: “DA BAMBINA HO SUBITO UNA VIOLENZA DIO MI HA GUARITO”
“Io vengo da una famiglia cristiana cattolica praticante, con una grande fede” ha raccontato Claudia Koll, ospite della seconda giornata del festival. “Mia nonna era non vedente, eppure è stata lei a crescermi, perché mia madre appena sono nata ha rischiato di morire: dopo il parto le hanno fatto una trasfusione di sangue infetto che le ha minato tutto il corpo”.
L’infanzia e il successo
“Mia nonna mi teneva legata con un filo di lana, così se sentiva tirare il filo capiva che ero agitata, e mi recuperava velocemente. Era una donna di grande fede e io ho ricevuto molto da lei nei primi anni d’infanzia. Poi ci siamo un po’ allontanate. Lei pregava sempre e per me è stata una testimonianza forte, di una donna che viveva la presenza di Dio. Anche il desiderio di fare l’attrice è nato lì: perché vedevamo i film insieme: io le dicevo quello che vedevo, e lei mi spiegava cosa significava.
Come tutti gli adolescenti, però, mi sono persa, ho smesso di frequentare la chiesa e ho iniziato a rincorrere altri sogni e altri desideri. Ma se avessi affrontato questo sogno con la forza di Dio e con la fede certo sarebbe stato diverso, non mi sarei buttata via. Mi sentivo sola e non credevo nemmeno molto nelle mie capacità, così la prima occasione che mi è stata offerta l’ho colta. Sono stata usata, ma pensavo, a mia volta, di poter usare quell’esperienza per fare carriera. E’ stato un errore perché il film di Tinto Brass mi ha segnata: le proposte che ricevevo erano tutte dello stesso tipo, ma devo dire che se avessi avuto la fede avrei gestito meglio la mia vita e il mio sogno. Così, per non accettare quelle offerte, per un anno smisi completamente di lavorare. Avevo anche pensato di riprendere a studiare medicina, invece arrivò una proposta in teatro, poi una trasmissione televisiva e infine Sanremo che mi diede una grande esposizione mediatica”.
La conversione
“Eppure il momento più buio della mia vita arriva al culmine del successo, nel 2000: in quel periodo ero una delle attrici più pagate d’Italia, ero ricercatissima per i miei successi televisivi e lavoravo moltissimo in teatro. Però mi mancava quello che era fondamentale: avevo messo al centro della mia esistenza la realizzazione personale e il lavoro, ma nella mia vita non c’era l’amore vero: tante passioni, storie iniziate e lasciate a metà, tradimenti, infedeltà. Non avevo una stabilità affettiva, ero sempre in giro, incontravo tante persone interessanti. Cercavo l’amore, ma non ho mai avuto il coraggio di fermarmi, di fare dei figli e di avere una famiglia. Puoi fare tanti spettacoli, ma quando arrivi a casa sei sola.
Un giorno un’amica, venuta dall’America, mi chiese di accompagnarla a San Pietro perché avevano aperto la porta santa per il Giubileo. Non so cosa accadde, ma so che quando tornai consigliai alla mia assistente di andare a Roma.
Poi, piano piano, mi sono sgretolata. Tutte le mie certezze sono crollate, finché non ho toccato il fondo. Mi sono sentita spogliare di tutto. Stavo lavorando in Puglia e dovevo girare una scena in cui mi dicono al telefono che l’uomo che amo è in coma. In questo primo piano si doveva vedere lo stupore, il dolore e l’amore. Eppure girando quella scena non riuscivo a commuovermi. Così la mia coach mi disse: “Ma se tu non fai verità nella tua vita, come puoi pretenderlo di farlo nella finzione?”.
E io rimasi molto turbata. Capii che il peccato mi stava impedendo di comunicare un’emozione autentica.
Avevo appena ricominciato ad andare a messa, da pochissimi giorni, con i malati di Aids, quando un malato terminale un giorno non viene a messa, allora lo vado a trovare e mi accorgo che è tutto sudato. Si tira su dal letto e mi guarda. Non riusciva più a parlare per la malattia e non poteva dirmi nulla, però dagli occhi ho capito che aveva paura di morire. Io mi siedo, gli prendo la mano e comincio a pensare a Gesù nel Getsemani. E nel momento in cui guardo Giuseppe sento che il cuore si allarga. Capisco che in quel momento sta succedendo qualcosa, che in quell’istante c’è qualcosa di particolare che sto vivendo. Da questa esperienza che ho vissuto a fianco a letto di una persona che poi è morta poco dopo è nato tutto quello che è successo dopo. Ho capito che per conoscere Dio bisogna mettersi in gioco ed amare le persone che hai vicino. Non necessariamente andare in Africa: però i poveri ci aiutano a convertirci prima; ci spogliano da tante cose”.
La violenza, la seduzione e la guarigione dell’anima
“Io sono sempre stata felice di essere una donna e orgogliosa della mia femminilità. Quando ero bambina, però, ho subito un tentativo di violenza che mi ha portato ad essere aggressiva, anche in modo invisibile. Perché in realtà provocare con il mio corpo era un modo per reagire ad una ferita che avevo dentro. Non ho mai odiato gli uomini, però sapete cosa accade quando una ragazzina subisce un tentativo di violenza? Si accorge del potere che ha sull’uomo, perché vede l’altro che perde la testa. Questo mi colpì e questo io ricercavo, era un modo per vendicarmi. Era un modo per curare quella ferita. Ma solo Dio mi ha guarito”.
“La Madonna è anche in parrocchia. Ma quando fai un pellegrinaggio la Madonna ti guida e ti corregge. Per me tutti i santuari mariani sono importanti, e in particolare quello di Lourdes. E quando mi sono convertita la prima cosa che ho fatto è stato tornare a Lourdes. E ho ricevuto tanto: io non riuscivo più a mangiare perché sono celiaca e avevo intolleranze incrociate. Ma in quel viaggio che feci la Madonna mi aiutò. Quando si possono mangiare poche cose si guarda il mondo con altri occhi. Quando Dio poi guarisce lo spirito, guarisce tutto e mano mano che mi riconciliavo con il Signore mi riconciliavo anche con il mio corpo”.