TERNI FILM FESTIVAL – DIBATTITO SUI PRETI SPOSATI
Le cronache, i racconti della gente, le vicende personali si incontrano quotidianamente con la figura del sacerdote che nell’immaginario comune rappresenta un porto sicuro per il mondo cristiano. Eppure molto spesso si prende atto che preti e sacerdoti cattolici, si spogliano del loro abito perché vogliono abbracciare la strada del matrimonio e creare una famiglia. Altri invece pur continuando della loro scelta pastorale, hanno una vita parallela che mantengono segreta.
“Quella dei preti sposati è una domanda a cui la Chiesa non ha ancora dato una risposta”.
Un dibattito intenso e vivace, quello che ha animato il pomeriggio di lunedì al festival Popoli e Religioni, dopo la proiezione del documentario in concorso Uomini proibiti di Angelita Fiore, dedicato al tema clero e matrimonio.
Un documentario molto duro, ma che pure ha trovato l’accoglienza favorevole di tutti i rappresentanti delle istituzioni religiosi presenti all’incontro, compresi i due preti cattolici intervenuti: don Enzo Greco e don Marek Sygut, che hanno preso parte al dibattito insieme al pastore valdese Pawel Gajewski, il prete ortodosso Vasile Andreca e il rappresentante della comunità Bahai Duccio Penna.
In primis dagli interventi degli ospiti emerge che pur appartenendo tutti alla fede cristiana, il problema del matrimonio dei preti sia in realtà solo un aspetto della chiesa cattolica. Le tre storie raccontate dalla regista, mettono in luce come il percorso di abbandono della vita religiosa sia tortuoso; è presente una profonda solitudine e in molti casi c’è un completo isolamento da parte di coloro che prima erano i fratelli. Soprattutto per coloro che avevano scelto la vita monastica c’è un voto di castità da rispettare, quindi la rinuncia viene vista come una sorta di tradimento. Diverso è per i sacerdoti che invece hanno abbracciato il celibato.
Trame forti che mettono in evidenza un disagio presente che pone la chiesa di Roma di fronte ad un grande interrogativo: concedere il matrimonio al clero? I tempi sono cambiati, la società è diversa e dinamica. Alcune donne hanno addirittura scritto a papa Francesco nel 2014 per esporre il loro bisogno di essere riconosciute come mogli, madri di una famiglia che a volte risulta essere un fantasma.
Se per i cattolici il celibato è norma, per le altre chiese cristiane. I valdesi, non sono preti ma pastori e si sposano. “La famiglia del pastore diventa esempio da seguire e ogni suo membro si attiva per essere punto di riferimento all’interno della comunità dove il pastore sta svolgendo la sua missione” dice Pawel Gajewski.
Addirittura sorprendente è la posizione degli Ortodossi raccontata da padre Andreca: “Una volta finito il percorso di studi in teologia di aprono due possibilità, o la vita monastica o fare il prete presso una chiesa. Se decidi di consacrarti alla vita monastica puoi anche rimanere celibe ma se intraprendi la strada del sacerdozio condizione vincolante è il matrimonio. Prima ti sposi, poi assumi l’incarico. Il vescovo per nominarti deve conoscere la sposa, poi ti affiderà la chiesa”.
Allora alla luce di posizioni così forti come può la Chiesa Romana trovare una sintesi e una possibile soluzione al problema che sta assumendo rilevanza anche perché molti pensano che la chiusura derivi da questioni puramente economiche. Se un sacerdote avesse dei figli, ogni sua eredità non andrebbe più alla chiesa ma ai legittimi eredi. Don Enzo Greco sostiene che bisogna riformare alcune norme del diritto canonico; per evitare una diaspora dal sacerdozio occorre porre in essere la possibilità di scegliere attraverso l’introduzione del celibato volontario.
DOMANI FOCUS SUL MAROCCO E L’ISLAM
La giornata di mercoledì 18 novembre, Popoli e Religioni ha deciso di dedicare il focus al Marocco e alla cultura islamica. Una scelta ponderata alla luce dei tanti fatti di cronaca locali e nazionali e dei rigurgiti razzisti e islamofobi che ne sono seguiti. La mattina al Cityplex sarà proiettato l’unico film su Maometto. Poi dalle ore 16.30 la giornata proseguirà al Museo diocesano, dove oltre a vedere film, documentari e cortometraggi come i film in concorso Senza vino ubriachi di Giuseppe Valente,Napolislam di Ernesto Pagano e Ameluk di Mimmo Mancini, alla cui proiezione interverranno il regista e l’attore protagonista Roberto Nobile (celebre sovrintendente in Distretto di polizia e cardinale in Habemus Papam) si potrà visitare l’angolo marocchino con degustazione di tè, effettuare tatuaggi all’hennè, ammirare gli abiti tipici del Marocco e provare a indossare il velo.
La serata proseguirà alle ore 21 con un concerto di musiche arabe del gruppo Malaspina, una conviviale con piatti tipici e una suggestiva perfomance che unisce le Lodi di Dio Altissimo di Francesco D’Assisi alla preghiera islamica a cui è ispirata: I 99 nomi di Allah.
Cuore della giornata – a cui prenderà parte anche la comunità marocchina di Terni e vedrà anche una conviviale con piatti tipici – sarà l’incontro con tre ragazze della comunità marocchina di Perugia: Raja Jouhari, Zineb Moujoud e Zaira Chokri: sarà l’occasione per sfatare i luoghi comuni sul Corano, a cominciare da quello che vuole la donna sottomessa, reclusa e ridotta al silenzio, ma anche per parlare dell’argomento, tornato di tragica attualità con gli attentati di Parigi proprio alla vigilia dell’inizio del festival, del rapporto tra islam e terrorismo.
ANNULLATA LA DISCOTECA ARABA
Come annunciato già lunedì sera all’apertura del focus marocchino con la proiezione di Pitza e datteri, è stata invece annullata la discoteca araba che avrebbe dovuto concludere la serata al Cenacolo San Marco.
La scelta di annullare la discoteca è stata fatta dagli organizzatori come segno di lutto per gli attentati di Parigi e nulla ha a che fare con le polemiche scatenate oggi dall’articolo comparso su un quotidiano nazionale.
“E’ vero che il Cenacolo San Marco si trova proprio nella piazza dove è il giovane David Raggi è stato ucciso da un ragazzo marocchino – spiega il direttore artistico Arnaldo Casali – ospitare nella nostra sede il focus che punta a stemperare le tensioni e a favorire il dialogo, l’integrazione e la pace sarebbe stato un omaggio, e non certo un oltraggio alla memoria di un ragazzo ucciso barbaramente che si è sempre battuto contro ogni forma di razzismo”.
“Proprio oggi – continua Casali – ho sentito al telefono Diego Raggi, il fratello di David, che al funerale del fratello abbracciò l’imam di Terni e fu il primo a sostenere che piazza dell’Olmo doveva tornare ad essere un luogo di divertimento. Mi ha detto che anche David avrebbe partecipato volentieri alla nostra iniziativa”.